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Lavoro

Tutela Inail e rifiuto vaccinazione personale infermieristico

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Una tematica ancora molto calda, oggetto di numerose manifestazioni di dissenso, nonostante il nuovo decreto Covid ne abbia stabilito il vincolo per gli operatori sanitari

Obbligatorio il vaccino anti Covid per tutti gli operatori sanitari a contatto con i pazienti, provvedimento studiato tra i Ministeri di Giustizia Lavoro e Salute. Il decreto Covid di aprile, varato ieri sera in Consiglio dei ministri, introduce l’obbligo fino al 31 dicembre 2021. Per chi non dovesse comunque sottoporsi alla vaccinazione scatterà la sospensione dall’ordine professionale, il demansionamento e, se questo non fosse possibile, lo stop alla retribuzione. Ma non è tutto, perché il rifiuto può comportare conseguenze bidirezionali: il datore di lavoro avrà, infatti, responsabilità in merito alla gestione di protezione dell’ambiente di lavoro e, al contempo,  lo stesso personale potrebbe essere esposto a richieste di risarcimento per danni civili e responsabilità per violazione del codice deontologico.

In questo articolo si prenderà in esame la casistica del personale infermieristico.

Rifiuto personale infermieristico

  • La malattia o infortunio è ammissibile alla tutela Inail nel caso in cui il personale infermieristico che abbia contratto il virus Covid-19, abbia rifiutato la vaccinazione?

L’assicurazione gestita dall’Istituto, obbligatoria e pubblica, si avvale dei presupposti previsti dalla legge per ciò che concerne la tutela infortunistica, e non può quindi essere sottoposta a ulteriori condizioni. Sarà, inoltre, attività vincolata elusa alla disponibilità delle parti, intendendo così non solo il datore di lavoro e il lavoratore, ma lo stesso Istituto assicuratore.

La tutela assicurativa opera quindi anche indipendentemente dall’eventuale inosservanza  dell’ obbligo assicurativo da parte del soggetto assicurante.

Secondo l’articolo 67 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, gli assicurati hanno diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto assicuratore anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia rispettato gli obblighi stabiliti nel presente titolo (principio di automaticità delle prestazioni).

In riferimento al medesimo decreto, l’articolo 2 prevede che l’assicurazione comprenda tutti i casi di infortunio verificatisi per causa violenta sul posto di lavoro, da cui derivino morte o inabilità permanente dal lavoro cioè una inabilità che implichi l’abbandono del lavoro per più di tre giorni. Nell’articolo 65 del medesimo decreto, si specifica che nel caso di simulazione dell’infortunio o l’ingannevole aggravamento di quest’ultimo, non sarà indennizzabile.

Il lavoratore sarà quindi protetto da ogni tipologia di infortunio sul lavoro, esclusa quello di tipo doloso, e saranno garantiti strumenti corrispondenti alle eventuali conseguenze causate.

La violazione dell’obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione, non comporta dal punto di vista assicurativo, l’esclusione di validità di tutela prevista dall’assicurazione gestita dall’Inail.

La responsabilità del datore di lavoro può essere invece ridotta o esclusa nel caso di comportamento ingannevole del lavoratore, determinando un mancato diritto dell’infortunato al risarcimento.

Rispetto alla violazione delle norme di sicurezza il comportamento colposo da parte del lavoratore viene si considerato come illecito, ma non viene comunque preclusa la configurabilità dell’infortunio come evento indennizzabile (la negligenza dell’assicurato rappresenta una possibile parte causale del verificarsi dell’evento)

Nel caso di rifiuto alla vaccinazione non si potrà applicare la nozione di “rischio elettivo”, predisposto dalla giurisprudenza per circoscrivere oggettivamente l’occasione di lavoro e, dunque, il concetto di attività protetta o di rischio assicurato.

L’infortunio da rischio elettivo risulta essere quello derivante da un rischio associato ad un comportamento volontario, e svincolato dall’attività lavorativa, cioè di un rischio prodotto da un’attività che non abbia correlazione con l’esecuzione dell’attività lavorativa o che ecceda in modo irrazionale dai limiti di essa.

 

Elementi caratterizzanti del rischio elettivo:

  • Atto volontario ed arbitrario, non correlato ai fini produttivi dell’attività lavorativa
  • Atto diretto a soddisfare tendenze esclusivamente personali, non correlato ai fini produttivi dell’attività lavorativa
  • Atto diretto ad affrontare un rischio diverso da quello previsto nell’attività lavorativa

Alla luce di quanto detto finora, il rifiuto di vaccinazione non può essere annoverato tra le casistiche di rischio elettivo: non è certamente volontà del lavoratore incorrere nel rischio di contagio. La tutela assicurativa verrà quindi esercitata se e in quanto il contagio sia riconducibile ai luoghi, alle persone, agli eventuali macchinari, concernenti l’attività lavorativa.

Allo stato attuale non è prevista obbligatorietà di vaccinazione in materia di tutela di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ma  nel  decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 all’articolo 279 si evince che  il datore di lavoro, previo  parere del medico competente, può predisporre la messa a disposizione di vaccini efficaci per i lavoratori che non sono già immuni al virus Covid-19, da somministrare a cura del medico competente.

La Costituzione, all’articolo 32, decreta che nessun soggetto possa essere obbligato ad eventuali trattamenti sanitari se non disposto dalla legge, di conseguenza il rifiuto di vaccinazione si palesa come espressione di libertà di scelta del singolo individuo( anche se fortemente raccomandato dalle autorità) e non costituisce in alcun modo condizione subordinativa alla tutela assicurativa dell’infortunato.

Concludendo, si sottintende che quanto detto finora non implica l’automatica ammissione a tutela del lavoratore che abbia contratto il virus e non si sia sottoposto alla vaccinazione. Necessario risulta, infatti, l’accertamento di riconducibilità dell’evento infortunistico all’occasione di lavoro.

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