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editoriale

Giovani medici per l’Italia

Un’associazione molto giovane, costituita appena un anno fa da un piccolo gruppo di studenti desiderosi di portare cambiamenti positivi in un sistema formativo e sanitario con difetti e punti deboli 

di Antonio Cucinella

Presidente GMI

 

GMI è un’associazione di studenti, camici grigi e specializzandi nata nel 2019 in segno di protesta nei confronti di un sistema immobile e sordo ai bisogno dei giovani medici, schiacciati fra precariato e imbuto formativo.
In tempo relativamente breve, grazie a una vivace attività e alla capacità dei nostri membri siamo stati in grado di ottenere importanti successi fra i quali: aumento dei posti nelle scuole di specializzazione, riforma condivisa della formazione post laurea, regolamentazione della partecipazione degli specializzandi alla campagna vaccinale anti Covid-19.

Dall’ormai lontano aprile 2020 la nostra associazione ha lavorato all’annosa problematica dell’inquadramento dello specializzando e della qualità della sua formazione, proponendo ciò che poi sarà uno dei nuclei di aggregamento della proposta unitaria scaturita successivamente.

Pertanto non abbiamo potuto che apprendere con soddisfazione il Disegno di Legge n. 2372 – “Modifiche al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e altre disposizioni in materia di formazione medica” – che finalmente inquadra la formazione del medico specializzando all’interno del CCNL della dirigenza medica e amplia, riconoscendo alle strutture non prettamente universitarie, la rete formativa, andando altresì a risolvere potenzialmente ciò che da anni si dimostra una fragilità del nostro SSN, ovvero la mancata programmazione del fabbisogno di medici specialisti con squilibri ormai ogni giorno più evidenti.
Perciò non possiamo che ringraziare la Senatrice Paola Boldrini, Senatrice che negli anni ha mostrato vicinanza al mondo dei medici in formazione specialistica facendosene in più occasioni portavoce.

Analizzando le finalità della proposta non possiamo che plaudire alla lungimiranza dimostrata, leggiamo infatti:  “Lo scopo di questo disegno di legge è di contribuire a un progetto riformatore iniziando dalla formazione medica, con l’obiettivo, tra gli altri, di definire il tipo di rapporto di lavoro e di formazione per i medici specializzandi […] Per quanto riguarda lo status dello specializzando, fermi restando i contenuti di formazione di qualità, si opta per il suo inserimento nell’alveo della contrattazione della dirigenza medica e della medicina di base […] è emersa l’esigenza di rendere il sistema formativo di riferimento per i medici più rispondente alle sfide cui è chiamato a cimentarsi il nostro Servizio sanitario nazionale […] rendendo strutturale il contributo delle università a supporto dei corsi organizzati dalle regioni, valorizzando lo strumento delle reti formative integrate tra università e aziende sanitarie territoriali e delle strutture assistenziali […] le crescenti criticità in tema di definizione e programmazione del fabbisogno di medici specialisti al fine di risolvere e prevenire il fenomeno della pletora medica, che ha condannato migliaia di medici a ripiegare su ruoli e posizioni diversi da quelli per i quali si erano formati, ma anche il cosiddetto imbuto formativo caratterizzato da un disallineamento tra numero di laureati in medicina e possibilità di accesso alla formazione post laurea”.

Traspare da tutto ciò, netta, la volontà di superare il modello attuale in cui il medico in formazione specialistica viene considerato ora studente, ora medico, in base alle necessità non della sua formazione ma dei dirigenti medici, umiliandolo nella sua figura di professionista abilitato.
Finalmente il medico verrebbe inquadrato in maniera definitiva come professionista con l’obiettivo di valorizzare i giovani medici in formazione adeguando anche i relativi riconoscimenti economici, giuridici e le tutele fondamentali.

Da ciò inevitabilmente deriva la necessità di non considerare la rete formativa unicamente nelle strutture universitarie, invero già oggi costrette a malincuore a dover stringere convenzioni col territorio, ma in tutto il Sistema Sanitario Nazionale, seppur con il fondamentale contributo delle università a supporto dei corsi organizzati. Di tutto questo noi siamo entusiasti.

Certo, appaiono delle criticità in questo disegno di legge, quali gli organi di controllo o la scuola di specializzazione in medicina di comunità e delle cure primarie.

Difatti ci chiediamo come sia possibile la volontà di continuare a considerare il CNSU come organo di rappresentanza, nonostante l’evoluzione proposta dallo stesso DDL che vede il medico in formazione specialistica abbandonare definitivamente questa doppia veste di professionista-studente.
Sarebbe auspicabile è una radicale riforma dell’osservatorio nazionale della formazione medica, accogliendo in numero congruo i “nuovi” professionisti, ovvero i medici in formazione specialistica.
Altresì ci chiediamo con quali modalità e garanzie per gli attuali corsisti MMG e per chi il corso MMG lo abbia già ultimato verrà implementata la fusione de facto tra corso di formazione specifica in medicina generale e la scuola di specializzazione in medicina di comunità e delle cure primarie, al quale è bene specificarlo, non siamo strutturalmente contrari, ma di cui siamo preoccupati per le eventuali implicazioni per i colleghi che hanno intrapreso la strada del corso MMG.

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