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Giurisprudenza civile

Responsabilità della struttura sanitaria

Non è sufficiente l’inadeguatezza delle misure adottate ma occorre verificare quali avrebbero dovuto essere messe in atto, nel caso concreto, per evitare l’evento di danno

La terza sezione della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 25288/20, ha avuto modo di affermare tale principio, prendendo le mosse dall’art. 1218 c.c. che prevede, nel giudizio sulla responsabilità contrattuale, declinata al sottosistema della responsabilità sanitaria, il duplice nesso causale: uno relativo all’evento dannoso, l’altro attinente all’impossibilità di adempiere per fatti imprevedibili ed inevitabili. Il primo è il fatto costitutivo, il secondo il fatto estintivo.

Ai fini della responsabilità della struttura sanitaria, dunque, non è sufficiente che si verifichi l’evento dannoso, ma è altresì necessario che la struttura avrebbe dovuto agire diversamente rispetto all’effettivo operato.

Il caso

Il decisum prende le mosse dal caso della contestata responsabilità della struttura sanitaria per mancata vigilanza, nel caso di una paziente ricoverata in un reparto psichiatrico, in stato di gravidanza.

La paziente veniva ricoverata a seguito di TSO, con sintomatologia psicotica e gesti auto lesivi.

A causa del suo status gravidico, la struttura sanitaria aveva provveduto a prendersi cura della donna attraverso il regime di contenzione fisica, eseguita mediante l’applicazione di fasce a fibre acriliche finalizzate a bloccare mani, piedi e busto, risultando impossibile, onde non danneggiare il feto, la somministrazione di farmaci.

La paziente, riuscita a liberarsi, si procurava autolesioni per le quali era stata riconosciuta responsabile la struttura sanitaria.

La Suprema Corte, nel cassare la sentenza di condanna, ha specificato il principio del doppio nesso di causalità.

La soluzione giuridica

La responsabilità degli operatori sanitari e della struttura sanitaria non può basarsi sul mero fatto dell’autolesione provocata da una paziente con problemi psichici, che le misure di contenzione adottate avrebbero dovuto scongiurare, senza interrogarsi su quali misure diverse si sarebbero dovute esigere in concreto.

II contratto di ricovero, infatti, produce, quale effetto naturale ex art. 1374 c.c. l’obbligo della struttura sanitaria di sorvegliare il paziente in modo adeguato rispetto alle sue condizioni, al fine di prevenire che questi possa causare danni a terzi o subirne; la prova liberatoria dell’impossibilità oggettiva non imputabile offerta dal danneggiante, richiesta dall’art. 1218 c.c., va verificata sul piano della non esigibilità di un comportamento diverso da quello in concreto tenuto.

Se il primo elemento della responsabilità è l’evento dannoso verificatosi, il cui onere probatorio grava sul paziente, il successivo segmento è quello in cui si articola la prova liberatoria gravante, invece, sulla struttura sanitaria. Prova liberatoria che si articola nella sussistenza di una “causa imprevedibile ed inevitabile che ha reso impossibile la prestazione” ed è in tale momento cheoccorre interrogarsi sulla esigibilità di una condotta diversa da quella in concreto tenuta alla luce delle condizioni peculiari del caso preciso.

Tale accertamento non attiene al piano della causalità, ma alla non imputabilità dell’inadempimento che, alla luce del combinato disposto degli artt. 1218 e 1176 c.c., prevede la verifica della diligenza in concreto esigibile attraverso l’individuazione delle misure alternative che in concreto si sarebbero potute e dovute esigere dalla struttura sanitaria: vi è, dunque, una valorizzazione della dimensione soggettiva e concreta della colpa.

Una siffatta impostazione impone accertamenti concreti ed analitici, valorizzando, anche per quel che concerne responsabilità di natura organizzativa, la dimensione soggettiva e concreta della colpa.

Il principio espresso dalla Cassazione risulta ancora più attuale ed interessante considerato il contesto emergenziale da Covid-19, proprio in relazione ad ipotesi di responsabilità delle strutture sanitarie per difetti organizzativi.

Le strutture sanitarie, quindi, per andare esenti da responsabilità dovranno dimostrare, in alternativa al fatto che l’inadempimento è stato determinato da impedimenti oggettivamente imprevedibili ed inevitabili, di aver predisposto tutte le misure adeguate ad evitare, nel caso concreto, il contagio.

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