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Lo scudo di paglia

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‘Utilità’ e ‘serietà’ dello scudo penale inventato dal Governo

Il testo

Per i fatti di cui agli artt 589 e 590 C.P. (omicidio e lesioni colpose, ndr) verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione di infezioni dal SARS-Co.V2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria…la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito del ministero della Salute relative alle attività di vaccinazione”. Questo il testo dell’art. 3 del DL 44 del 1 aprile 2021.

 

Il problema

Il problema è sorto a seguito delle inevitabili reazioni negative di vario tipo (allergiche ed altro), che in alcuni casi si sono verificate dopo e forse a causa del vaccino somministrato e che a volte hanno avuto esito letale.

In particolare, ha fatto scalpore, l’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Siracusa, relativa alla morte di un giovane militare che da poco si era vaccinato con il siero di Oxford-Astrazeneca. Infatti la Procura invece di aprire un fascicolo di natura generica (atti relativi alla morte di XY dopo la somministrazione di un vaccino”), cosa che si fa quando, in primo luogo, sia dubbia l’esistenza di una qualsiasi responsabilità, ha ritenuto di iscrivere nel registro degli indagati anche i vaccinatori.

La giustificazione per tale singolare comportamento, è stata che il registro degli indagati è uno strumento di tutela e non di danno dei medesimi, perché consente loro di spiegare le proprie difese. Questo naturalmente, in un mondo ideale, o in un paese realmente civile, ma non certo in Italia, dove avere un’indagine in corso significa entrare in un girone dantesco, nel quale si parte da colpevoli e, dopo un tritacarne mediatico, giuridico e soprattutto personale, forse si riesce a dimostrare la propria innocenza. Magari per poi sentire qualche solone in toga sostenere che non esistono innocenti, ma solo colpevoli sui quali non si sono riuscite a trovare le prove della responsabilità.

In buona sostanza, se è vero che in termini giuridici il problema non doveva neppure esistere, di fatto si è sparso il panico proprio tra gli operatori sanitari, che costituiscono la prima linea della battaglia contro il virus.

Questi ultimi hanno quindi, con comprensibile motivazione, chiesto a gran voce, di non essere inviati come pecore al macello, manifestando l’esigenza di una protezione, uno ‘scudo’, appunto.

 

La soluzione escogitata dal Governo

Il rimedio trovato, occorre dirlo da subito, è semplice aria fritta: basta porre a confronto il testo sopra riportato, con quello inserito dalla legge Gelli nel codice penale all’art. 590 sexies: “Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida…ovvero…le buone pratiche clinico-assistenziali”.

È agevole notare come i termini ‘linee guida’ e ‘buone pratiche assistenziali’ siano stati semplicemente sostituiti da quelli “indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione …delle competenti autorità e alle circolari…del ministero della Salute”.

Orbene, simili “indicazioni” e “circolari” sono palesemente corrispondenti, come minimo, alle buone pratiche di cui all’art. 590 sexies.

Tanto per capirci e per parlare in Latino: se non è zuppa è pan bagnato!

 

Esiste una soluzione?

Se il Governo ha creato un provvedimento costituente una sostanziale cortina fumogena, è palesemente per dare una risposta, di valore mediatico, a soggetti nei confronti dei quali non poteva restare in silenzio. Ma nel contempo era consapevole (il Governo), di non poter fare una norma che escludesse ogni tipo di responsabilità, ove gli operatori sanitari causino la morte di taluno colposamente.

Si aggiunga, che la Giurisprudenza si è già consolidata, in ordine all’applicazione dell’art. 590 sexies, nel senso di ridurne immensamente la portata, ai soli casi in cui il medico abbia individuato correttamente le linee guida da applicare, (stabilendo per di più che sono adatte al caso concreto) e poi nell’ eseguirle abbia peccato per imperizia.

Dobbiamo aggiungere che, prevedibilmente, lo “scudo” in questione, sarà rapidamente riportato appunto ai soli casi di imperizia.

Infatti, se le regole contenute nelle istruzioni siano seguite alla lettera e il sanitario non abbia omesso di tenere conto delle particolari, ed eventualmente incompatibili, condizioni personali del vaccinando, non si vede perché il vaccinatore dovrebbe mai essere ritenuto responsabile di un’eventuale cattivo funzionamento del vaccino.

Dunque, per veder esclusa la responsabilità, dovremo versare in ipotesi di un comportamento imperito che non costituisca colpa grave.

Orbene, tenendo conto che nel qualificare come imperito un comportamento, si deve tenere in adeguato conto, non solo la problematicità oggettiva dell’approccio sanitario da porre in essere, ma altresì le condizioni di difficoltà, emergenza ed emergenza, nell’ambito delle quali la stessa è stata posta in essere.

L’unica soluzione praticabile sarebbe quella già utilizzata allo scopo di estendere il riconoscimento della legittima difesa, riguardo la quale l’articolo 1 della Legge 36 del 2019, prevede sostanzialmente, che si presume la proporzione della difesa all’offesa, nei casi di violazione della propria abitazione.

In buona sostanza, la Legge a tutela dei vaccinatori dovrebbe stabilire che, attesa la declaratoria dello stato di emergenza e le condizioni di allarme in cui si svolge l’attività di somministrazione dei vaccini, si deve presumere che tutti gli operatori sanitari che affrontano la cura del Covid ed altresì la vaccinazione ad esso relativa, operino in condizioni di urgenza e pressione oggettiva e soggettiva, tale da escludere l’esistenza della colpa grave in caso di lesione o omicidio colposo.

Di una proposta in tal senso si dovrebbero far carico le organizzazioni di categoria presso i propri deputati di riferimento.

SOS Medici attende volentieri notizia di iniziative in tal senso, per poi rilanciarle.

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