Il medico che opera in una struttura sanitaria e che si sia rifiutato di vaccinarsi è responsabile dell’infezione da covid19 trasmessa ad un ricoverato? La struttura sanitaria, a sua volta, può essere evocata in giudizio?
L’argomento è di scottante attualità: come noto, in virtù di salvaguardia costituzionale, nessun cittadino può essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio in assenza di una specifica previsione di legge.
Uno dei casi più noti è costituito proprio dalle vaccinazioni obbligatorie.
E’ noto altresì, che sino ad oggi, non esiste in Italia alcuna legge che obblighi ad assumere un vaccino contro il Covid-19, probabilmente perché, a fronte della attuale scarsità di forniture, una legge del genere appare evidentemente pletorica. Né il problema si porrà sino al momento in cui saranno state vaccinate tutte le persone disponibili a farlo.
Diverso è il problema con riguardo al personale medico e sanitario in genere
Tale questione è stata vista sino ad oggi solo sotto l’aspetto della necessità di mettere in sicurezza medici e sanitari, fondamentali per la cura degli ammalati e per la realizzazione della campagna vaccinale in atto.
Per questo motivo il personale sanitario è stato sottoposto per primo alla vaccinazione.
Si è però verificato il fenomeno di una non irrilevante renitenza a tale profilassi, giustificata con i più vari motivi, tutti assolutamente ininfluenti quanto al problema che qui si vuole affrontare (con l’eccezione, naturalmente della esistenza di patologie incompatibili con il vaccino).
Il problema è costituito dal rischio che il medico, consapevolmente o meno affetto dal virus, possa infettare il paziente, provocandone la malattia ed in alcuni casi conseguenze lesive temporanee o permanenti, quando non, drammaticamente, il decesso. In assenza di una esplicita previsione normativa dobbiamo rifarci alle norme generali, in particolare all’art. 2043 e seguenti del Codice Civile e agli artt. 589 e 590 del C.P.. Tali ultimi articoli sanzionano, in via generale,chiunque causi per colpa, a qualsiasi titolo, la morte o lesioni a carico di altri soggetti.
L’art. 2043 C.C., a sua volta sanziona con l’obbligo di risarcimento dei danni causati, colui che ne è responsabile per colpa.
E’ bene chiarire come, al di là delle opinioni di ciascuno sulla natura e l’efficacia dei vaccini, è attualmente convinzione consolidata a livello di non contestabile verità scientifica, l’efficacia dei medesimi per il contrasto alle epidemie, né, evidentemente, sarebbe sanzionabile chiunque essendosi vaccinato ritenga ragionevolmente di non essere portatore di un’infezione, anche se imprevedutamente risultasse poi tale.
Al contrario, il medico o l’infermiere o l’operatore sanitario, che abbiano rifiutato di vaccinarsi e che, ignorando di aver contratto l’infezione perché asintomatici o pauci sintomatici, la trasmettano ad un paziente, saranno sicuramente responsabili delle conseguenze lesive o mortali, sia in sede penale che in sede civile. A questo proposito una recentissima sentenza del giudice Anna Travia, del Tribunale di Belluno, ha confermato la giustezza della decisione di sospendere dallo stipendio dieci operatori di Rsa che avevano rifiutato di vaccinarsi e per questo sospesi dal lavoro. Sottoposti a visita del medico del lavoro, i dieci sanitari sono stati dichiarati “inidonei al servizio” e ciò hapermesso il loro allontanamento dalle attività senza stipendio.
Il giudice, giudicando “insussistenti” le ragioni dei ricorrenti, ha sancito che “è ampiamente nota l’efficacia del vaccino nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus come si evince dal drastico calo dei decessi fra le categorie che hanno potuto usufruire delle dosi, quali il personale sanitario, gli ospiti delle rsa e i cittadini di Israele dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui”.
Si pone altresì il problema della responsabilità della struttura sanitaria in proprio o indirettamente. Ebbene, in primo luogo l’ospedale sarebbe responsabile in base agli artt. 1228 e 2049 C.C.. per il fatto dei propri dipendenti. Ma non sono solo queste le fonti della responsabilità: come approfonditamente chiarito in altro articolo su questo sito (https://www.sosmedici.com/2021/03/22/strutture-sanitarie-e-sociosanitarie-gestione-della-vaccinazione/), in base al famoso decreto sicurezza D.Lgs 81/2008, il datore di lavoro ha un generale obbligo di prevenzione e controllo e altresì un collegato obbligo di consentire l’esecuzione del lavoro, solo a dipendenti che si trovino in adeguate condizioni di idoneità.
Ebbene, è ipotizzabile che l’avere consentito a personale sanitario che abbia rifiutato il vaccino, di entrare a contatto per attività di cura con dei ricoverati, incardini una responsabilità diretta della struttura ospedaliera in ordine al danno causato.
Spinosa si pone la questione della natura della responsabilità del medico o sanitario non vaccinato che provochi l’infezione di un ricoverato: è lecito infatti chiedersi se essa abbia natura di responsabilità medica, oltre che generica. Ebbene, applicando principi di buonsenso e ovvietà, non si vede per quale motivo una situazione di tal genere debba essere trattata diversamente da quella,per esempio, di un chirurgo che abbia operato senza utilizzare guanti sterili o della struttura sanitaria che non abbia curato la disinfezione di una sala operatoria.
Paradossalmente, proprio per quanto appena detto, la responsabilità del medico ospedaliero sotto il profilo civilistico, avrebbe le limitate caratteristiche previste dalla Legge Gelli; tuttavia prevedibilmente sarebbe attribuibile l’ipotesi della colpa grave, sotto il profilo della possibile rivalsa dell’ospedale.
Se non c’è stata vaccinazione non ci può essere lo stipendio: lo ha deciso il giudice di Belluno Anna Travia respingendo le richieste di due infermieri e otto operatori sociosanitari che avevano rifiutato di sottoporsi alla somministrazione della dose lo scorso febbraio e che per questo erano stati sospesi dal lavoro.
I dieci sanitari, come riporta il Corriere del Veneto, dipendenti di due case di riposo del Bellunese, all’indomani del rifiuto erano stati messi in ferie forzate dalla direzione della rsa e sottoposti alla visita del medico del lavoro.
Il medico aveva dichiarato i sanitari “inidonei al servizio” permettendo così che venissero allontanati dalle loro attività senza stipendio. Gli operatori no vax avevano fatto ricorso in Tribunale sostenendo che la Costituzione dà libertà di scelta vaccinale.
Il giudice, giudicando “insussistenti” le ragioni dei ricorrenti, ha sancito che “è ampiamente nota l’efficacia del vaccino nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus come si evince dal drastico calo dei decessi fra le categorie che hanno potuto usufruire delle dosi, quali il personale sanitario, gli ospiti delle rsa e i cittadini di Israele dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui”.
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