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Giurisprudenza Amministrativa

Prodotti chimici sanificanti dei luoghi di vita e di lavoro

Tra i numerosi effetti e cambiamenti che la pandemia COVID-19 ha provocato sul mercato, uno di ampia portata è stato l’incremento del numero di prodotti chimici impiegati per le mani e per le superfici.

Recentemente la Commissione Europea ed ECHA, Agenzia europea delle sostanze chimiche, hanno confermato che è aumentato il numero di prodotti chimici impiegati per la sanificazione e, fra questi, quelli disinfettanti rappresentano quelli più illegittimamente presenti sul mercato, perché non conformi alle normative di settore.

Su segnalazione di numerose Autorità nazionali sulla base della loro attività ispettiva, compresi i controlli delle vendite online, si è cercato di contrastare la commercializzazione di prodotti inefficaci oppure privi del necessario iter regolatorio.

Le azioni del controllo condotte anche in Italia hanno previsto diffide, sanzioni e ritiri dei prodotti dal mercato, facendo emergere un quadro complesso, ingannevole per il consumatore, problematico per le imprese, inefficace per la salute nel bloccare la diffusione del virus.

Cominciamo però col fare chiarezza tra i vari procedimenti di pulizia disinfezione e dalla più complessa sanificazione.

Il processo di sanificazione è un intervento mirato ad eliminare alla base qualsiasi batterio ed agente contaminante che con le comuni pulizie non si riesce a rimuovere. La sanificazione si attua – avvalendosi di prodotti chimici detergenti (detersione) – per riportare il carico microbico entro standard di igiene accettabili ed ottimali che dipendono dalla destinazione d’uso degli ambienti interessati..
La disinfezione invece: consiste nell’applicazione di agenti disinfettanti, quasi sempre di natura chimica o fisica (calore), che sono in grado di ridurre, tramite la distruzione o l’inattivazione, il carico microbiologico presente su oggetti e superfici da trattare.
Entrambe le operazioni, sanificazione e disinfezione, deve essere precedute dalla pulizia per evitare che residui di sporco possano comprometterne l’efficacia.
In ogni fase dei vari processi è previsto l’utilizzo di prodotti introdotti sul mercato conformi alle normative vigenti. La fase di pulizia, prevede nello specifico l’utilizzo di prodotti autorizzati secondo i vari regolamenti comunitari: il Reg. (CE) N.1223/2009 sui prodotti cosmetici per gli igienizzanti per la cute o dal Reg. (CE) N.648/2004 sui detergenti per gli igienizzanti ambientali .Nella fase di disinfezione i prodotti da utilizzare sono menzionati nel contesto normativo del D.P.R. N.392/1998 sui Presidi Medico Chirurgici, insieme al Provvedimento del 5 febbraio 1999, o del Reg. (UE) N.528/2012 sui biocidi (noto come BPR, Biocidal Products Regulation)”. Ogni normativa prevede prerogative diversificate, sia tecnico-scientifiche che amministrative, per l’introduzione in commercio dei prodotti coinvolti nelle operazioni sanificative, la cui realizzazione comporta incombenze diversificate sia per l’industria che per l’Autorità Competente responsabile della valutazione e autorizzazione.

Prodotti chimici sanificanti: regolamentazione e normativa

Il Decreto Ministeriale del 7 luglio 1997, n.274, offre una delucidazione completa del termine sanificazione specificando che la “sanitizzazione” “va interpretata come analogo di ‘disinfezione’ e di conseguenza i prodotti ad azione disinfettante che presentano sull’ etichetta i termini ‘sanitizzante/sanificante’ rientrano nella definizione di prodotti biocidi, la cui introduzione sul mercato deve corrispondere ai requisiti del Reg. (UE) N.528/2012.

Per il Ministero, la definizione ‘sanitizzante/sanificante’ dovrebbe indicare prodotti contenenti principi attivi in revisione come biocidi disinfettanti che, però, non avendo terminato l’iter valutativo, non possono segnalare in etichetta la validità disinfettante”.

Prodotti per la disinfezione: rischi per la salute umana

Nello specifico dei prodotti per la disinfezione più in usati sul mercato, tra i principi attivi si elencano: propan-2-olo, etanolo ed ipoclorito di sodio, sostanze che hanno mostrato una elevata efficacia contro i virus provvisti di ‘involucro’ come il SARS-CoV-2”.
Gli alcoli ,relativamente ai rischi per la salute, sono contraddistinti principalmente dalla capacità di sviluppare effetti determinanti a livello inalatorio e/o oculare.
Riguardo ai rischi per la salute umana si ricorda che “gli alcoli (i.e., etanolo, propan-2-olo) hanno rivelato alta compatibilità con i materiali metallici e su superfici in cui non c’è possibilità di applicazione di altri prodotti per la disinfezione .Sono inoltre caratterizzati soprattutto dalla loro capacità sostanziale di esplicare effetti acuti a livello oculare e/o inalatorio.
Per i prodotti a base di ipoclorito di sodio “su superfici altamente contaminate o con presenza di materiale organico, si può presentare formazione di sottoprodotti pericolosi, come clorammine. L’ipoclorito di sodio è fortemente tossico per l’ambiente acquatico (effetti acuti e a lungo termine) di conseguenza una disinfezione degli ambienti esterni potrebbe dar vita ad importanti disagi ambientali.” Per prevenire e contenere queste potenziali alterazioni, la disinfezione dovrebbe essere effettuata successivamente ad un trattamento di pulizia delle superfici”.
Relativamente ai rischi per la salute umana, l’ipoclorito di sodio potrebbe provocare gravi lesioni cutanee, ustioni e irritazioni respiratorie, effetti questi predominanti rispetto a potenziali effetti sfavorevoli su organi bersaglio.

Di conseguenza le misure preventive per controllare il rischio durante il trattamento sanificativo, prevedono la circoscrizione delle aree esterne durante il processo, l’utilizzo di erogatori per ridurre formazione di aerosol e dispersioni e la dotazione di DPI per controllare il rischio inalatorio e cutaneo da parte degli operatori professionali.
Nei prodotti in commercio sono presenti anche sali di ammonio quaternario, che presentano a loro volta esiti dannosi, generando effetti quali corriosione, e/o irritazione. Ne consegue anche in questo caso, l’adozione di misure preventive quali assunzioni di dispositivi che delimitino l’insorgenza di effetti sfavorevoli e DPI.

Rischi determinati da ozono, cloro attivo, raggi UV e perossido di idrogeno

Analizzando i principi attivi che attraverso dei generatori, con riferimento ai cosiddetti “generatori in situ”, si formano a partire da precursori, tra cui i più comuni generati in situ e utilizzati nei prodotti per la disinfezione/sanificazione delle superfici, si menzionano il cloro attivo e l’ozono.
L’ozono è attualmente in revisione ai sensi del BPR. Questo principio attivo manifesta il suo dannoso effetto attraverso effetti a breve termine, quasi sempre reversibili, come irritazione di vie respiratorie, oculari e supposti effetti cardiovascolari. Nel caso di esposizioni ripetute e di ampia durata gli effetti potrebbero, al contrario, risultare irreversibili, determinando nel peggiore dei casi una significativa riduzione della funzionalità polmonare. Ciò determina, che durante le operazioni effettuate con ozono generato in situ, non ci sia presenza di persone, che gli ambienti vengano circoscritti e che il ritorno negli ambienti processati avvenga soltanto alla fine di un lasso di tempo utile al decadimento dell’ozono entro una soglia inferiore alla percezione olfattiva umana.

Nel caso del cloro attivo generato in situ ,la valutazione del rischio ha constatato un rischio inaccettabile dovuto all’inalazione da parte di utilizzatori professionali durante il processo di disinfezione di ampie superfici, di conseguenza è fortemente sconsigliato lo spargimento diretto sulle superfici. La Circolare del Ministero della Salute N.17644 del 22 maggio 2020, alla luce della portata del cloro attivo di provocare irritazione cutanea, suggerisce l’uso limitato al solo personale addestrato munito di guanti e altri DPI. L’utilizzo è ulteriormente sconsigliato al di fuori dei sistemi di produzione in situ, in quanto il trasferimento in flaconi, potenzialmente per assenza di una regolare etichettatura, potrebbe comportare un rischio di esposizione e/o di intossicazione. Anche a livello ambientale potrebbe determinarsi una formazione di agenti inquinanti.
Esistono inoltre ulteriori sistemi di disinfezione per ambienti quali il trattamento con raggi UV a bassa lunghezza d’onda e la vaporizzazione/aerosolizzazione del perossido di idrogeno.

Le radiazioni UV-C, comprese tra 180 nm e 280 nm, possono causare importanti danni agli occhi e alla cute. Dato allarmante viene rilevato dalla IARC, che ha catalogato la radiazione UV nel Gruppo l come “agente cancerogeno certo per l’uomo”. Le evidenze di cancerogenicità sono dunque rilevate negli esseri umani per tumori oculari e cutanei. Il D.Lgs. n. 81/2008 “prescrive l’obbligo di valutare il rischio e stabilire valori limite di esposizione.

Come già nel caso dell’ozono ,l’accensione dei dispositivi può verificarsi solo nel caso non ci sia presenza di persone nell’area di emissione e inoltre, l’impiego delle radiazioni del lontano UV-C dovrebbe essere effettuato solo da personale altamente formato”.

Infine, si segnala che il perossido di idrogeno è stato approvato dal BPR, se applicato mediante aerosol o vapore per la disinfezione delle superfici e degli ambienti “. Il perossido di idrogeno vaporizzato muta velocemente in ossigeno e acqua producendo un impatto ambientale basso.
Essendo il perossido di idrogeno un liquido comburente è dannoso per la salute umana(cute, inalazione, ingestione) pertanto se ne raccomanda l’utilizzo ai soli operatori professionali. Anche in questo caso, si devono rispettare i tempi di ritorno negli ambienti trattati e di decadimento per scongiurare intossicazioni.

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