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Giurisprudenza Amministrativa

La natura subordinata di un rapporto di lavoro

Quando il rapporto di lavoro autonomo del medico può considerarsi subordinato e quali parametri devono sussistere

 

Ai fini dell’accertamento della effettiva natura (autonoma o subordinata) del rapporto di lavoro, ciò che rileva non è la formale qualificazione assegnata allo stesso, ma come questo si è concretamente svolto. Per fare ciò, la giurisprudenza ha individuato specifici parametri di riferimento.

Fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, i giudici di legittimità e di merito sono oramai concordi nel ritenere che requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione da quello autonomo – è il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

Tale potere si concretizza, ad esempio, nella emanazione, da parte del datore di lavoro al lavoratore, di ordini specifici, oltre che nell’esercizio, da parte del primo, di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative del secondo.

L’esistenza del vincolo deve essere, quindi, concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore (nel caso di specie al medico) e al modo con cui tale incarico viene dallo stesso attuato.

Come detto, a surrogare il criterio della subordinazione non è idoneo il “nomen iuris” assegnato al rapporto di lavoro dalle parti medesime (e quindi l’aver formalmente inteso definire lo stesso come autonomo).

Tale elemento, infatti assume rilievo decisivo solo ove l’autoqualificazione sia conforme alle concrete modalità del rapporto ma non quando con esse risulti in contrasto.

Ciò che conta, quindi, non è la formale qualificazione data al rapporto, ma esclusivamente come lo stesso si è effettivamente concretizzato in ragione del comportamento tenuto dalle parti nella sua attuazione.

E quando – causa la peculiarità delle mansioni (in particolare, della loro natura intellettuale e professionale) ed il concreto atteggiarsi del rapporto di lavoro – l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive del datore di lavoro non è facilmente apprezzabile cosa succede?

Sempre la giurisprudenza ha chiarito che in tali casi occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari quali, ad esempio, la continuità delle prestazioni effettuate dal lavoratore, l’osservanza da parte di quest’ultimo di un orario determinato indicato dal datore, il versamento a cadenze fisse da parte del datore di lavoro di un compenso prestabilito, il coordinamento dell’attività svolta dal medico lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, l’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale.

Ove sussistenti, infatti, anche tali criteri (considerati, però, globalmente e non singolarmente), costituiscono indizi probatori della subordinazione.

 

Ecco allora che laddove il datore di lavoro:

  • impartisca al lavoratore ordini specifici; svolga una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative del lavoratore medesimo; versi a quest’ultimo, a cadenze fisse, un compenso prestabilito; coordini l’attività del lavoratore;

 

e/o laddove il lavoratore:

  • presti continuativamente la propria attività; sia vincolato ad osservare un orario determinato;

 

e/o, comunque,:

  • sia assente in capo al lavoratore medesimo una sia pur minima struttura imprenditoriale;

il rapporto sarà da considerarsi subordinato.

Tutto quanto appena rappresentato è stato ribadito da una recente pronuncia della Corte di Cassazione che ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro tra un medico (addetto alla diagnostica, all’ambulatorio ed alla chirurgia) e la casa di cura, in ragione delle  modalità con cui si è effettivamente concretizzata la prestazione lavorativa (e, quindi, della sussistenza degli specifici criteri sopra indicati) (Cass. n. 14975/2020).

Sotto il profilo operativo, premesso che il soggetto demandato alla verifica della effettiva natura del rapporto è il Giudice del lavoro, va detto che la sussistenza degli elementi caratterizzanti la subordinazione deve essere provata – con documentazione e/o a mezzo delle dichiarazioni di testimoni – dal lavoratore.

L’accertamento, da parte del Giudice, della natura subordinata del rapporto di lavoro, determina l’obbligo per il datore (nel caso di specie la casa di cura) di riconoscere al lavoratore (nel caso di specie il medico) tutto quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, nonché, ad adeguare la posizione contributiva del lavoratore medesimo.

 

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