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Giurisprudenza Amministrativa

La posizione assicurativa degli specializzandi

La soluzione alla luce della Sentenza n.443 del 2021 che obbliga l’azienda sanitaria a garantire la copertura Inail ai medici in formazione specialistica

Nell’ultimo decennio ha assunto rilevanza particolare la dibattuta questione della copertura assicurativa del medico specializzando che svolge la professione all’interno dell’Azienda sanitaria.

Al fine di ripercorrere le tappe più salienti che hanno caratterizzato la questione, fino ad arrivare alla pronuncia della Suprema Corte del 2021, è necessario partire dalla sentenza del 27 giugno 2016.

In primo luogo, difatti, con la sentenza sopra citata la Corte d’appello di Milano, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Inail avverso la sentenza del Tribunale di Monza, rigettava il ricorso proposto da una nota Azienda ospedaliera, volto ad ottenere da un lato, la dichiarazione di inefficacia della posizione assicurativa dell’Azienda, e dall’altro l’accertamento che nulla era dovuto all’Istituto a titolo di premi assicurativi per la copertura degli infortuni dei medici specializzandi nel periodo primo gennaio 2006-31 dicembre 2009.

Secondo l’orientamento della Corte territoriale, la questione doveva essere risolta con il combinato disposto del Decreto Legislativo n. 368 del 1999, articolo 37, comma 2 e articolo 41 che prescriveva per l’Azienda sanitaria, presso la quale si svolge l’attività formativa e che della stessa è responsabile, l’obbligo assicurativo dei rischi professionali alle stesse condizioni previste per i propri dipendenti.

Ciò in ragione del tipo di attività svolta dal medico specializzando, che è per metà di tipo pratico, esposta dunque al medesimo tipo di rischio professionale svolto dai dipendenti.

Difatti, la previsione art. 41, comma 3 del D.lgs. n. 368/1999, cita “l’azienda sanitaria presso la quale il medico in formazione specialistica svolge l’attività formativa provvede, con oneri a proprio carico, alla copertura assicurativa per i rischi professionali, per la responsabilità civile contro terzi e gli infortuni connessi all’attività assistenziale svolta dal medico in formazione nelle proprie strutture, alle stesse condizioni del proprio personale”.

La Corte, riteneva infatti che il richiamo contenuto nell’articolo 41, comma 2, letto in combinato con la previsione normativa di cui all’art. 2, comma 26 della legge n. 335/1995, esplicitava la volontà di assoggettare l’attività dei medici specializzandi, quanto agli aspetti strettamente previdenziali, ossia invalidità e vecchiaia, al sistema pubblico gestito dall’INPS, in adempimento degli obblighi imposti allo Stato dall’art. 38, comma 2 della Costituzione e alla sua vocazione universalistica.

Pertanto con il disposto del Decreto Legislativo n. 368 del 1999, articolo 37, comma 2 e articolo 41 risultava evidente come obiettivi di interesse pubblico perseguiti dal suddetto Decreto legislativo, non potevano essere raggiunti attraverso la stipula di assicurazioni private.

Il principio costituzionale citato, di cui all’art.38 Cost. riguardante l’universalizzazione delle tutele, comporta anche che la posizione dei medici specializzandi, all’interno dell’unico ambiente ospedaliero dove opera il resto del personale sanitario appartenente alla medesima azienda sanitaria, “non possa sfuggire alla copertura assicurativa pubblica nel campo infortunistico, la cui gestione è affidata all’Inail”, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 4 del Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.

In questo caso, il legislatore pone l’onere sul soggetto responsabile del luogo presso cui lo specializzando svolge l’attività formativa assistenziale che, evidentemente, non può che essere un’azienda sanitaria.

Il “contesto ambientale”
al cui interno si colloca l’attività di formazione professionale, è considerato dalla legge come elemento caratterizzante della imposizione dell’obbligo di assicurare sotto il profilo attivo, per i rischi causati, e passivo, per i danni subiti, l’attività svolta dal medico specializzando.

La Corte di Cassazione, sezione IV, con la sentenza del 13 gennaio 2021 n. 443, ha voluto chiarire questi importanti passaggi ritenendo che grava sull’azienda sanitaria, sede dell’attività formativa, un obbligo assicurativo per infortuni nei confronti dell’I.N.A.I.L., “alle stesse condizioni del proprio personale”.

La sentenza pertanto, pone in rilievo la natura pubblicistica della copertura assicurativa dei medici specializzandi “all’interno dell’unico ambiente ospedaliero ove opera il resto del personale sanitario appartenente alla medesima azienda sanitaria” ex art. 38, comma 2, Cost., da cui discende l’obbligo per le aziende sanitarie di corrispondere quanto dovuto all’I.N.A.I.L., senza poter ricorrere in alternativa ad assicurazioni private.

La posizione dei medici specializzandi, all’interno dell’ambiente ospedaliero ove opera il resto del personale sanitario, non può sfuggire alla copertura assicurativa pubblica nel campo infortunistico, la cui gestione è affidata all’Inail in relazione con l’adempimento degli obblighi imposti allo Stato dall’art.38 della Costituzione. Difatti la Corte di Cassazione con questa innovativa e chiarificatrice sentenza, respinge il ricorso proposto dall’Azienda azienda ospedaliera contro la sentenza con la quale la Corte di appello di Milano aveva ritenuto legittima la richiesta dell’Inail di veder corrisposti i premi per la copertura assicurativa degli infortuni dei medici specializzandi ai sensi dell’ art. 41, comma 3, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 “L’azienda sanitaria presso la quale il medico in formazione specialistica svolge l’attività formativa provvede, con oneri a proprio carico, alla copertura assicurativa per i rischi professionali, per la responsabilità civile contro terzi e gli infortuni connessi all’attività assistenziale svolta dal medico in formazione nelle proprie strutture, alle stesse condizioni del proprio personale”.

Tale sentenza, inoltre, offre l’opportunità di soffermarsi sulla natura complessa del rapporto giuridico che intercorre tra medici specializzandi e l’università di riferimento, da un lato, e l’azienda sanitaria sede di formazione professionale, dall’altro, così come disciplinato dalla normativa attualmente vigente.

La Suprema Corte, pertanto con la sentenza n. 443, ravvisa l’obbligo della copertura assicurativa presso l’I.N.A.I.L., anche in assenza di un richiamo esplicito da parte del legislatore e ribadisce la garanzia di una tutela assicurativa in favore dei medici specializzandi secondo lo schema tipico dell’assicurazione gestita dall’I.N.A.I.L., in quanto si tratta di un obbligo imposto all’azienda sanitaria, che è soggetto diverso dall’assicurato destinatario della protezione costituzionale, all’interno della cui organizzazione produttiva si espleta l’attività formativa che genera il rischio di lesione dell’integrità fisica e che deve trovare protezione in forma egualitaria rispetto al personale della stessa Azienda.
“Si tratta quindi di un’ipotesi, quanto ai soggetti assicurati, pienamente riconducibile alla previsione del D.P.R. n. 1124/1965, art. 4, n. 5, secondo cui vanno assicurati presso l’I.N.A.I.L., fra gli altri, “gli allievi dei corsi di qualificazione o riqualificazione professionale comunque istituiti o gestiti” in relazione all’attività di formazione professionale”.

Assicurazione sociale e assicurazione privata

La Cassazione, inoltre, ha richiamato la sentenza della Corte costituzionale n. 160 del 1974 che, pronunciandosi sull’art. 38, comma 2, della Costituzione e sulla differenza tra le assicurazioni private e le assicurazioni sociali, e sul punto ha chiarito sinteticamente che:
“1. il fine delle assicurazioni sociali è quello di garantire ai beneficiari mezzi adeguati in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria;
2. nell’assicurazione sociale l’obbligo di pagare i contributi assicurativi grava di regola su persona diversa dall’assicurato e che né il pagamento dei contributi condiziona il diritto alla prestazione, né la persona tenuta al pagamento dei contributi ha un qualche diritto nei confronti dell’ente assicuratore;
3. l’assicurazione privata gravita intorno ad un’impresa che tiene conto di un quid destinato a rappresentare l’utile dell’impresa, ossia di un fattore estraneo alle assicurazioni sociali.
Sul primo versante, a nulla rileva che le polizze private siano state stipulate a condizioni vantaggiose e, pertanto, come si legge nella stessa sentenza, rispondenti ad un fondamentale principio dell’attività economica svolta dalle aziende sanitarie, quella di ricercare le migliori offerte; l’utile dell’impresa, è un fattore estraneo alle assicurazioni sociali.
Sul secondo versante, a differenza dell’assicurazione privata, nell’assicurazione sociale l’obbligo di pagare i contributi assicurativi grava di regola su persona diversa dall’assicurato e il pagamento o meno dei contributi non condiziona il diritto alla prestazione”.

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